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Il Natale che verrà

  •   Cosimo Sframeli
Il Natale che verrà

Di “Natale” ricchi, non ne conserviamo il ricordo. Forse, quando lo sono stati non ce ne siamo accorti, né abbiamo guardato attentamente a quello degli altri. Ce li ricordiamo sempre modesti, sobri, assai misurati, con spese utili e doni che si concretizzavano in scarpe, un maglione e l’importante cappotto nuovo, il torrone gelato e il carbone dolce della Befana. Per chi apparteneva ad una famiglia numerosa, la festa aveva una caratteristica precisa: un occhio guardava il regalo “ad personam” e l’altro a quello destinato al fratello più grande. Poichè, l’anno dopo, male che fosse andata, al fratello più adulto avrebbero dato in dono un maglione nuovo e, il fratello più piccolo, avrebbe ricevuto il suo, dell’anno precedente.

Oggi, sarebbe impossibile applicare queste usanze al Natale che verrà. Ma dovremo sforzarci di essere più sobri, più “nobili”. La nuova severità, applicata a noi stessi, potrebbe indurci ad operare un fermo a spese inutili. Una rivisitazione di armadi e armadietti ci rivelerebbe la sorpresa di ritrovare qualcosa che sfugge alla memoria, che abbiamo scordato. Finalmente, prima di andare per vetrine di negozi, si consiglia di girare per casa. Non per illuderci, ma per prendere coscienza del fatto che di frequente rincorriamo l’inutile e lo dichiariamo necessario.

Proviamo a tornare in quel mondo di primordiale grandezza spirituale, per niente chiuso in particolari consuetudini convenute del calendario “borghese” le cui feste valgono soprattutto perché si è dispensati dal lavorare ed offrono occasioni di socievolezza e di divertimento, nella “civiltà dei consumi”.

Il Natale dei poveri esiste davvero. E va considerato con attenzione. Coincide con l’ultima settimana del mese. Mette un’angoscia trascinante. Si aspetta gioiosi la festa della Natività ma quando arriva mette angoscia, e si vorrebbe in tutte le maniere che passasse con rapidità. Certo, a dicembre si avverte più forte, ma ogni mese puntualmente si mostra. Il punto più dolente è la solitudine: affettiva ed effettiva.

E’ faticoso essere candidi come colombe e, allo stesso tempo, astuti come i serpenti. Vale a dire: vivere con la disponibilità, la spontaneità che ci fa sorridere agli sconosciuti e, allo stesso tempo, allenarci a stare in guardia. E’ l’eterna lotta tra il bene e il male, dentro e fuori di noi.

Il Natale dovrebbe essere la festa che più di ogni altra dovrebbe parlare ai giorni feriali. Sono questi che preparano la festa. Se non dovessero preparare la festa contribuirebbero ad allestire malessere. E si vede. 

 


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